Metti una sera a cena. Il glamour dei maestri

Della serie quando certi maestri ti conquistano.

Gli ultimi giorni sono stati illuminanti su questo concetto: ci sono delle precise figure di riferimento nelle nostre vite, significative per i nostri percorsi. Io ne ho incontrate tre nel giro di una settimana.

Qualche articolo fa suggerivo la visita alla monografica dello scultore Auguste Rodin al museo Santa Caterina a Treviso. Dopo averla vista, spero ancor di più di aver convinto qualcuno, perchè per me è stata un’esperienza strepitosa. Si conosce l’importanza di Rodin, ci sarà capitato di vedere qualche sua scultura in giro per il mondo, qualcuno come me l’avrà studiato sui manuali di storia dell’arte, ma vi assicuro che vederlo dal vivo in una mostra a lui interamente dedicata è una cosa potente. Non me l’aspettavo. E’ stato bellissimo e, concedetemi il termine, un momento estetico ed erotico.

Rodin immette davvero nel marmo e nella pietra il duplice fremito della carne e del pensiero. Ho già accennato alla sua opera più celebre, Il pensatore, del 1880 circa; ma ora è attraverso quest’altro capolavoro, Il pensiero, del 1893, che entro nel vivo dell’argomento di oggi, cioè il rapporto allievo/maestro.

Il titolo anche qui rimanda all’immaterialità del pensiero che nasce dalla materia e l’espressione della figura rappresentata (che nessuna fotografia purtroppo può rendere veramente) è eccezionale. Ma la donna raffigurata appunto non è una modella qualsiasi, bensì l’allieva di Rodin, l’assistente, l’amante e l’amata, Camille Claudel. Chiaramente erano un punto di riferimento l’uno per l’altra.

Il suo sguardo è intensissimo, Rodin per lei (e per chiunque colga la grandezza dell’artista) è quindi faber e magister. Come nell’Eden nel tempo della Creazione: dalle mani nasce una nuova vita, il soffio dell’esistenza, con le mani si modella un volto e si coltiva lo spirito.

I maestri fanno questo, cercano sempre sotto la superficie, non si limitano alla realizzazione dell’opera attraverso la materia, ma entrano nell’anima raccontando gioia e dolore, serenità e strazio e abbandono, la forza dei sentimenti.

E’ lo stesso che traspare dalle fotografie di Fulvio Roiter, viste alla stupenda Casa dei Tre Oci a Venezia che dedica la prima retrospettiva al maestro, dopo la sua scomparsa due anni fa.

Anche qui c’è una figura importante di moglie, la collega fotografa Lou Embo, sicuramente prima estimatrice e allieva del maestro marito e un rapporto umano e professionale lungo quarant’anni.

Maestro assoluto del bianco e nero, Roiter dichiarava: ‘Da sempre considero il bianco e nero come il solo metro con cui giudicare un fotografo. Al colore si può arrivare per caso o per calcolo, al bianco e nero no’. La scala cromatica non è solo una scelta stilistica, ma è per Roiter un vero e proprio traguardo, oltre che l’acquisita consapevolezza di poter governare e modulare l’arcobaleno in relazione ai propri sentimenti.

Di delicata bellezza è la ricerca che l’autore dedica alle donne, bellissime figure colte in un ambiente naturale, in un elegante bianco e nero d’ispirazione pittorica.

Ma Roiter è il fotografo che più di ogni altro ha legato alcune delle più belle immagini di Venezia al proprio nome. Alla città fotogenica per antonomasia ha saputo guardare con sempre rinnovata freschezza, senza esserne mai sazio, nè assuefatto.

Questa mostra termina il 26 agosto, non fatevela scappare. Approfittate magari dei tanti interessanti eventi collaterali. 200 fotografie raccontano l’ampia e internazionale vicenda artistica del fotografo, tra i più significativi dei nostri giorni.

E se i maestri di Naomi Campbell sono Donatella Versace e Nelson Mandela

Veniamo ora al maestro (già citato in altri articoli) che, per quello che mi riguarda, è forse colui che ha avuto la capacità di orientare una vita: Umberto Galimberti.

Ebbene, proprio dopo la visita alla mostra di Roiter ho avuto la buona sorte e il piacere, trovandomi già a Venezia, di partecipare a una cena con il mio docente di Filosofia della storia e Filosofia morale a Cà Foscari. Si è trattato di una fortuita ma perfetta rimpatriata tra ex studenti e insegnante, nata da un incontro casuale del pomeriggio stesso.

E’ proprio il caso di dirlo. Le sorprese non finiscono mai. Quando decidi all’ultimo di prenderti un pomeriggio nella tua città d’adozione (io Venezia la considero così, anche se non ci vivo, ma ci ho studiato e appena posso ci torno), poi gli eventi prendono il sopravvento, si susseguono in un turbinio di sensazioni ed emozioni.

E Galimberti sono sicura scateni emozione e stima in molte persone, non solo perchè è un’autorità nella filosofia e psicanalisi, ma anche perchè ha un carisma e un’aura unica e molto attraente.

Le sue lezioni non erano e non sono solo appunti, libri, esami. Ma anche gesti, voce, fascinazione, seduzione

Qui una sua intervista molto interessante sul tema della scuola e il ruolo degli insegnanti.

A sua volta Galimberti ha un maestro. Alla mia domanda, dopo una breve carrellata sui colleghi docenti dell’università: ‘Professore, invece il rapporto con Severino?’, lui, allargando le braccia con un espressione in volto illuminata: ‘Severino ..Severino è il mio maestro, è tutto, è dio’.

(Emanuele Severino, per chi non lo sapesse, è attualmente il più grande e originale filosofo italiano).

E’ stata una cena piacevolissima, il prof, è il caso di dirlo, ha, come i veri maestri, l’intelligentissima capacità di mettere a proprio agio i suoi interlocutori, sa dialogare e ponderare gli argomenti e il modo. E’ sempre molto affascinante e simpatico. Noi ragazzi siamo felici perchè ci sentiamo sempre ben accolti e ricercati e ogni volta la sua vicinanza è arricchente.

E ora le doverose scuse per la foto di copertina. In primis, scusate la mia faccia inebetita di fronte al maestro, la mia frangia scompigliata e poi la foto da poracci. Ma, ragazzi, ci sono dei momenti in cui non c’è posa che tenga, perchè è tutta sostanza. E cuore.

Voi probabilmente non la vedete, ma c’è una corrente magnetica che passa tra i commensali al tavolo, come allora, tra la cattedra e i banchi. Questo generano i grandi maestri con i loro allievi. Meraviglioso.

E allora tanto thaumàzein (provare meraviglia) a tutti!

(D. B.)

 

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