David di Donatello, glamour italiano

Sono passate tre settimane dalla consegna dei David di Donatello, ho digerito le premiazioni e riflettuto il dovuto.

Torniamo a parlare di cinema. Ci mancava eh?

Non ho seguito dall’inizio la diretta tv della 64ª edizione dei David di Donatello, che si è svolta il 27 marzo a Roma, perchè ero, guarda caso, al cinema. Sì, al cinema, a vedere il film Ricordi?.

Tutta colpa di Luca Marinelli

Mi sono persa la prima ora della cerimonia con le premiazioni più importanti per il cinema italiano perchè non volevo perdermi al Cinemazero di Pordenone, l’ultimo lavoro di Valerio Mieli con Luca Marinelli!

Certi film, ve l’ho già detto, li devo letteralmente inseguire perchè vengono proiettati in pochissime sale cinematografiche e per pochi giorni. E’ il caso (per me inaccettabile) anche di quest’ultimo film italiano, che meriterebbe più visibilità. Se non altro perchè, dando per scontato che il tema è attraente, riesce a rendere in video l’immagine mentale di un’emozione (che ricorda tanto uno dei miei film preferiti, l’americano Se mi lasci ti cancello, di Michel Gondry, del 2004).

L’indimenticabile zingaro (di Lo chiamavano Jeeg Robot, di Gabriele Mainetti, del 2016, per il quale ha all’attivo un David di Donatello come Miglior attore non protagonista), l’ho poi ritrovato proprio in tv, una volta a casa, tra i candidati al David di Donatello come Miglior attore protagonista per la sua intensa interpretazione in Fabrizio De André – Principe Libero, di Luca Facchini:

Ah, ve lo dico subito, qui non troverete banalmente la lista di tutti i candidati e vincitori. Quest’articolo è il pretesto per una mia personalissima carrellata di attori e film preferiti, di quest’anno e non solo. Insomma, non sarò super partes, anzi. Nominerò esclusivamente i film che ho visto e amato di più e che poi, fortunatamente, hanno vinto più premi.

Vince Alessandro Borghi

Concludo il capitolo Marinelli dicendo che per stavolta accetto che non abbia vinto solo perchè anche Alessandro Borghi nel coraggioso Sulla mia pelle, di Alessio Cremonini (a sua volta premiato come Miglior regista esordiente), ha fatto un lavoro eccezionale:

Ecco, Borghi fisicamente mi piace meno di Marinelli, ma è taanto bravo anche lui!

Insieme i due mi hanno fatta impazzire in Non essere cattivo, di Claudio Caligari. Pur essendo entrambi candidati come Miglior attore protagonista all’edizione del 2016, quello era decisamente l’anno del geniale Jeeg. Infatti vinsero Claudio Santamaria (altro bonazzo talentuoso) e Marinelli, appunto, come Miglior attore non protagonista. Mi piace pensare ora a una specie di riequilibrio dei premi tra i due, quest’anno vince Borghi su Marinelli. E va bene così.

Edoardo Pesce e Dogman

La statuetta Miglior non protagonista quest’anno va a Edoardo Pesce in Dogman, di Matteo Garrone. Ragazzone non bellissimo, ma col suo perchè, a me non molto noto prima di questo film, ma fastidiosamente giusto in questa interpretazione dell’aguzzino ignorante:

Dogman è perfetto da tutti i punti di vista. Infatti fa incetta di premi: dai più importanti, Miglior film, Miglior regia e Miglior sceneggiatura originale, ai più tecnici, Miglior montaggio, Miglior fotografia, Miglior scenografia, Miglior trucco e Miglior Suono. Sono molto contenta, perchè il film è meraviglioso.

Outsider in corcorso

Sono un pò meno contenta che La terra dell’abbastanza, di Fabio e Damiano D’Innocenzo (che hanno, tra l’altro, collaborato alla sceneggiatura di Dogman), non abbia portato a casa neanche un premio.

Eppure questo struggente film d’esordio di sorprendente maturità estetica e narrativa è stato candidato in molte categorie: Miglior regista esordiente, Miglior sceneggiatura non originale, Miglior produttore e Miglior autore della fotografia.

Anche i due protagonisti, Andrea Carpenzano e Matteo Olivetti, meritavano almeno la candidatura:

Tengo d’occhio loro e i due giovani fratelli registi D’Innocenzo.

Usciamo un pò dal filo conduttore di questa edizione, ‘Il racconto civile e l’utopia’, la dimensione della solitudine dell’uomo, adulto non adulto, fragile, in crisi. Ma continuiamo a parlare esclusivamente dei suoi protagonisti uomini (notata la mia precisa predilezione per il maschile?) ed entriamo sempre più nel vivo delle mie ossessioni: Chiamami col tuo nome!

Finalmente Luca Guadagnino ai David di Donatello

Considerando che è la prima volta (altra cosa per me inaccettabile) che Luca Guadagnino (in copertina), molto apprezzato all’estero, viene candidato ai David, possiamo essere contenti. Un paio di premi di tutto rispetto li ha ottenuti: Miglior sceneggiatura non originale (già Oscar) a James Ivory e Miglior canzone originale al bellissimo pezzo Mistery of Love scritto e interpretato da Sufjan Stevens.

Non ha vinto i premi principali e non ha potuto candidare gli adorabili Timothée Chalamet e Harmie Hammer perchè non italiani e doppiati. Ma io ovviamente li voglio ricordare affettuosamente:

Ho già parlato lungamente del film, della mia vita incentrata sul film, eccetera, eccetera. Stavolta vi risparmio.

Dico solo che a mio parere le eccellenze del Made in Italy non sono solo il design e la moda, che continuano a consolidare il proprio prestigio internazionale, ma anche il cinema. Anche il cinema italiano attuale.

Vi saluto con le parole del direttore della fotografia più rilevante del cinema italiano contemporaneo, Luca Bigazzi (sette David di Donatello), che ho avuto il piacere di ascoltare ieri a una masterclass presso la Mediateca Pordenone di Cinemazero all’interno del festival Le Voci dell’Inchiesta di Pordenone:

‘Sono dispiaciuto perché soprattutto nei giovani critici vedo un’esterofilia che sembra imbarazzante e minacciosa. Io invece trovo che il cinema italiano, lo dico non per difendere il mio orticello personale, dia segni di grande vitalità e di grande personalità. Mi dispiace, ripeto, che i giovani critici, soprattutto quelli dei blog o delle riviste on-line, non abbiano ancora colto questa caratteristica, mi colpisce molto questo aspetto, penso ci sia un’avversità preconcetta e insopportabile nei confronti del cinema italiano’.

(D. B.)

 

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